Quest: Crociera con delitto - Secondo Gruppo

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    In questo topic ruolerà il secondo gruppo che ricordiamo essere formato da:
    • Lucien Levien Lemoine
    • Eustache Grantaire
    • Lucrezia Neviani
    • Etienne Javert

    Siamo a bordo della Marie Antoinette. Sebbene sia il 31 Ottobre, la temperatura autunnale è piacevole. Il cielo è sereno e si scorge la luna nella sua pienezza. La nave è salpata da più di un'ora, ma siamo ancora a Parigi: le guglie della cattedrale sono coperte da alti edifici e dalla notte, ma la tour Eiffel splende nella sua luce blu.

    La notizia della morte della celeberrima étoile Blandine Deschamps si è sparsa per tutta la nave, tuttavia non ha stemperato in tutti il desiderio di divertimento.

    I sospettati hanno ottenuto il permesso di abbandonare la sala da pranzo di prima classe ed ora possono girare indisturbati per i corridoi e i locali della Marie Antoinette.

    Vi ricordiamo che se volete interrogare uno dei png legati a Blandine o un membro dell'equipaggio dovete postare le vostre domande dirette (senza quindi un post di role) QUI. Riceverete una risposta da parte del master che ruolerà il PNG e dopo potrete inserire il risultato della vostra indagine on role qui sotto.

    Rispettiamo l'ordine di ruolata che si formerà al primo turno: siete quindi liberi di postare con chi volete in questo momento e successivamente seguiremo tale ordine.

    Per qualsiasi dubbio o domanda scrivete in QUESTO TOPIC.

    Fateci sapere quale costume indossa il vostro personaggio! Siete liberi di inserirlo nel codice ruolata, di descriverlo nel post di gioco oppure in spoiler.

    BUON HALLOWEEN


     
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    Downton Abbey, trasferita all'Accademia di monsieur de Treville

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    Lucrezia Neviani
    18 anni - Aristocrazia - Centauro - Duchessa
    “A spalancar le imposte mossi, e, agitando l’ale, entrò un bel corvo antico in aria trionfale. Non fe’ saluto alcuno, arrestossi mai, finché, come un padrone, posò lì sopra l’uscio, di Pallade su un busto, proprio lì sopra a l’uscio. Fermossi e l’osservai.„
    A
    veva dovuto pregare a lungo, Lucrezia, per convincere il marito a partecipare alla crociera a bordo della Marie Antoinette. Aveva fatto sfoggio di tutte le sue arti persuasive, ma l'uomo era immune al fascino della giovane sposa e non c'erano moine o complimenti sufficienti ad indurlo a capitolare. Adalgisio d'Armagnac era tutto un grugniti e mugugni, e astio, naturalmente. Detestava la giovane sposa. Era una Neviani e sebbene l'uomo fosse francese, aveva radici italiane e non era sordo alla pessima nomea di quella famiglia di corvi. Manipolatori, corruttori, cospiratori. Parlavano di miele, ma vendevano veleno. Adalgisio non avrebbe mai voluto sposare una Neviani. Mai. Erano libertini, possedevano una mentalità quasi anti-monarchica, per quanto lo riguardava (come osavano invitare dei borghesi all'interno del loro castello di Lodi?). Rodrigo Neviani era un vero Principe Mercante e sua figlia non era da meno. Era bella, Adalgisio lo riconosceva, ma non gli interessava la bellezza, né la freschezza, né il candore della sua sposa. Candore. Lucrezia Neviani non era candida, né pura. Certo, al matrimonio si era presentata come fanciulla inviolata (altrimenti l'uomo avrebbe annullato immediatamente le nozze), ma in lei non vi era traccia di ingenuità. I suoi sorrisi nascondevano espressioni ben diverse. Le sue parole colme di premura erano in realtà false. Adalgisio d'Armagnac lo sapeva, lo aveva capito subito. E quindi non cedeva. Non aveva rispetto di lei. Ogni notte si prendeva ciò per cui aveva pagato, nella speranza che presto Lucrezia gli avrebbe dato un erede, e poi evitava quasi di trovarsi nella stessa stanza con lei. Durante i pasti occupavano i due lati opposti di una lunga, immensa tavolata. Il più lontano possibile. Non che a Lucrezia dispiacesse quella lontananza. Per quanto la riguardava, meno vedeva Adalgisio, e meglio era. Quando suo padre le aveva rivelato i suoi progetti per lei, era stata ben felice di aiutare la propria famiglia, ma aveva acconsentito a sposarsi solo per l'amore che nutriva per i Neviani. Adalgisio era un signore della guerra e i Neviani avevano bisogno di sicurezza militare. Era una logica semplice, inattaccabile. In quel momento, il Duca d'Armagnac era l'unico uomo che avrebbe potuto sposare. Ma Lucrezia non sopportava Adalgisio. Era un mostro, un animale. Preferiva andare a caccia di cinghiali piuttosto che stare con lei. Non le parlava, limitandosi a mugugni. Non la toccava, la percuoteva. Se fosse stato una Medusa, l'avrebbe pietrificata con lo sguardo. Quanto a Lucrezia, lei avrebbe avvelenato Adalgisio ad ogni tocco. Quanto le mancava l'Italia! Ogni giorno trascorso come moglie di Adalgisio era un giorno lontana da casa. Sentiva la mancanza di Lodi e della sua famiglia. I suoi genitori, l'amante di suo padre, ma soprattutto i suoi fratelli. Adriano e Cesare. Dio, Cesare soprattutto le mancava come manca l'aria nei polmoni. Talvolta la notte si svegliava con l'impressione che egli le stesse accarezzando i capelli, che stesse sfregando dolcemente i loro nasi, in quel gesto che era solo loro. Ma poi il ronfare assordante di Adalgisio al suo fianco la precipitava immediatamente nella realtà.
    Tra gli innumerevoli difetti del signore suo marito c'era la sua totale, assoluta, mancanza di diplomazia. Ciò che odiava, era risaputo. E questo danneggiava i suoi rapporti sociali. Adalgisio viveva in un'élite. Centauri e solo Centauri, null'altro. La sua famiglia su tutto. Almeno su questo erano d'accordo, sebbene i d'Armagnac fossero ben diversi dai Neviani. Lucrezia sapeva che se lei aveva accettato di sposarsi per i Neviani, altrettanto aveva fatto Adalgisio: ai d'Armagnac serviva il denaro dei corvi. Servivano le loro scorte alimentari, necessarie per mantenere un esercito. Avrebbero potuto sfruttare questo punto in comune, Lucrezia e Adalgisio, per arrivare a tollerarsi, quanto meno. Ma il Duca era un uomo orgoglioso e Lucrezia una donna troppo intelligente per vedere del bello nell'altro. Così cercavano di incrociarsi il meno possibile, ma se Adalgisio aveva la sua caccia, i suoi amici, Lucrezia non era altrettanto libera. Il Duca temeva che la moglie potesse cospirare e che potesse lasciarsi abbandonare alla lascivia dei Neviani, arrivando quindi a renderlo lo zimbello dell'aristocrazia francese, quindi le impediva quasi ogni respiro. Lucrezia non poteva uscire di casa previo suo permesso, non poteva ricevere senza averlo precedentemente consultato. Chiusa in quell'immensa e fredda villa. A malapena con il permesso di poter rivolgere la parola ai suoi servitori. Naturalmente Lucrezia era ben lungi dall'accondiscendere il coniuge e, naturalmente, usciva e riceveva quanto desiderava, specie se Adalgisio programmava viaggi di più giorni.
    Lucrezia era riuscita a spuntarla sulla crociera perché, a spalleggiarla, inaspettatamente si era aggiunta Caterina d'Armagnac. Sorella di Adalgisio, aveva rilevato che, forse, quella crociera avrebbe potuto fare bene ad Adalgisio e alla sua popolarità. Così, con un grugnito di malavoglia, l'uomo aveva accettato.
    Per Lucrezia quella crociera era una boccata d'aria, una piccola evasione in un'esistenza che ormai da un anno era più simile a quella di una monaca di clausura. E finalmente non si sarebbe relazionata solo all'alta aristocrazia francese, ma avrebbe potuto incontrare anche borghesi e popolo francese. Lo spirito di quella crociera le ricordava, in qualche modo, i ricevimenti dati dai Neviani a Lodi, ai quali potevano partecipare persone non necessariamente munite di un blasone. Aveva convocato un sarto parigino per farsi confezionare un costume da Eco, la ninfa di montagna innamorata di Narciso. Il costume del sarto, unito alla sua bellezza d'altri tempi, dava l'idea che Lucrezia fosse uscita da un dipinto di Botticelli. Legata al braccio di Adalgisio, in tenuta da caccia rinascimentale (Lucrezia aveva l'impressione che quell'abito fosse stato rispolverato dalle cantine dei d'Armagnac e che fosse realmente vintage, non una sua riproduzione), la Duchessa d'Armagnac salì a bordo della Marie Antoinette. La prima parte della serata non portò grandi emozioni, né un particolare divertimento per Lucrezia. Legata ad Adalgisio, non aveva la possibilità di muoversi da sola per la nave da crociera, né di parlare con personalità che avevano attirato la sua attenzione. Era costretta al piccolo gruppo esclusivo di Adalgisio, sul quale non nutriva un'alta opinione. Per distrarsi, Lucrezia cercava di guardarsi attorno con discrezione, nella speranza di cogliere qualche pettegolezzo che la divertisse, ma, sfortunatamente, se avvenimenti degni di pettegolezzo si consumavano, accadeva lontano dalla sua portata. Accoglieva dunque con sorrisi cordiali i complimenti per il suo costume, lanciava sguardi fintamente ricolmi d'amore quando tali complimenti si estendevano anche al marito. «Siete fortunato, Vostra Grazia, ad essere tornato dall'Italia con un simile tesoro Adalgisio, naturalmente, grugniva. Il suo orgoglio gli impediva di palesare il proprio astio nei confronti della sposa, ma, ugualmente, non era abbastanza diplomatico da confermare e fingere. Così Lucrezia mentiva per entrambi. Ma durante la cena, la serata acquistò tutto un altro spessore. Lucrezia cenava sola con Adalgisio: occupavano un piccolo tavolo nella sala sfarzosa della prima classe. Cercava di intrattenere il suo sposo, domandandogli della caccia (argomento preferito dell'uomo), ma il Duca quando si ostinava nel proprio mutismo era irremovibile. La serata procedeva a monosillabi, ma quando Lucrezia colse con la coda dell'occhio una cameriera correre verso il direttore di sala, il suo interesse si accese improvvisamente. Lucrezia, proprio per la sua educazione presso i Neviani, non era come la maggior parte dell'aristocrazia che si dimenticava della servitù, senza degnarla nemmeno di uno sguardo, ma coglieva ogni dettaglio. E così si accorse che doveva essere successo qualcosa di imprevisto.
    I coniugi d'Armagnac furono interrogati insieme, in separata sede. Adalgisio era furente di rabbia. «Come osate? Avete idea di chi io sia?» tuonava addosso agli ufficiali, mentre Lucrezia cercava di tenere a bada la furia del coniuge. Un pensiero, mentre rispondeva che entrambi erano sempre stati accanto e che non si erano allontanati l'uno dall'altra, attraversò la sua mente: se Adalgisio fosse stato davvero responsabile di quell'omicidio, come sarebbe stata migliore la sua vita! Naturalmente sapeva che l'uomo era innocente, ma quanti innocenti finivano in prigione? Se avesse potuto accusarlo, ella avrebbe dovuto vederlo solo durante le visite coniugali e avrebbe fatto in modo che tali visite accadessero ad una frequenza molto distante l'una dall'altra. Stava sognando, lo sapeva, tuttavia era un bel sogno sul quale indugare. Dopo l'interrogatorio, il Duca era talmente furente che si ritirò nella propria cabina, dimenticandosi di Lucrezia. La donna accolse quell'insperata libertà con grande sollievo. La sua curiosità continuava a riproporle la spiacevole disgrazia accaduta a Blandine Deschamps. I Neviani avevano alle spalle una lunga tradizione di avvelenatori, inoltre il mistero aveva acceso la curiosità della donna. Adalgisio aveva allentato la catena, dunque perché non approfittarne? Riconobbe la marchesa di Giroud e approfittò di quella conoscenza per presentarsi al gruppo e porgere le proprie condoglianze e la propria indignazione per quanto accaduto. Non volle indagare subito, né avanzare domande scomode che avrebbero potuto indispettire i congiunti e spingersi a chiudersi a riccio, impedendole un successivo avvicinamento. Ad ogni modo, dopo aver esposto il suo sdegno, essersi finta spaventata al pensiero che tra loro vi sia un assassino, Lucrezia si allontanò dai Deschamps e affiliati per avvicinarsi alla porta doppia che dava alla cucina. Sperava di sentire qualche informazione interessante da parte del personale di sala, qualche dettaglio che potesse indirizzarla sulle indagini. Sì, perché ormai Lucrezia aveva deciso: avrebbe cercato di scoprire cosa fosse successo a Blandine Deschamps. Per gioco, naturalmente. Non c'era alcun istinto alla giustizia ad animarla: era pura e semplice distrazione.
    Holliday Grainger as Lucrezia Neviani © les misérables rpg


     
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    Lucien Levien Lemoine
    19 anni - Plebe - Centauro

    “Fatti non foste a viver come bruti,
    ma per seguir virtute e canoscenza„

    L
    ucien non era un sensate: suo padre era un Sussurratore ma lui non sembrava aver ereditato dal genitore la telepatia. Non aveva una Cerchia di persone con le quali comunicare mentalmente e con le quali condividere esperienze e sensazioni; di conseguenza, non era nemmeno ricercato dall'SGRD. Eppure, se qualcuno gli avesse chiesto come si immaginava una connessione mentale tra sensate, probabilmente avrebbe descritto quello che sentiva in quel momento. Si era messo a letto dopo aver ritagliato l'ennesimo articolo di giornale dove si parlava di quelli'incidente - che incidente non era - avvenuto qualche settimana prima nel luogo di ritrovo del Jeudi, l'associazione segreta che aspirava alla pace tra umani ed alieni e il sonno che ne era seguito era stato caratterizzato da un sogno troppo vivido per non sembrare vero; nemmeno gli era parso di dormire mentre lo riviveva. Sono in ritardo... questi i pensieri che si affaccendavano in una mente non sua, la mente di un ragazzino vestito pressochè di stracci, che correva per le vie di Parigi. Lucien non aveva dubbi al riguardo: quella era la sua città, la sua Parigi, ma sembrava sbucata da un'altra epoca: carrozze correvano per le strade e ben poche automobili entravano nel suo campo visivo e gli abiti indossati dai passanti erano a metà tra il passato e il presente. Una realtà alternativa, un sogno di una notte di mezza estate chissà...Lucien correva, correva veloce, sentendo il sudore colargli dalla fronte e le gambe leggere come quelle di chi è abituato a correre per miglia e miglia...nonostante Lucien non lo fosse. Le sue dita sentivano chiaramente la superficie liscia della Maschera di porcellana nella sua mano destra, maschera che indossò senza nemmeno rendersene conto, spettatore interno ed esterno nel contempo: vedeva tutto in prima persona, ma non poteva in alcun modo agire di volonta sua. Prigioniero di un corpo estraneo, Lucien riuscì nuovamente a setirsi a suo agio in quei panni quando i suoi piedi toccarono la superficie lignea del ponte di una nave, dopo aver passato i controlli; era stato uno degli ultimi a salire, maschera in viso e un biglietto sgualcito nella mano, poi la nave era partita per una crociera sulla Senna. Solo quando avevano mollato gli ormeggi, i pensieri estranei e sommari - un'accozzagli di informazioni sul luogo in cui si trovava e sulla ragione per cui era lì - Lucien era stato nuovamente libero di muoversi. La prima cosa che aveva fatto era stato specchiarsi in una delle vetrate del ponte più basso, quello riservato alla plebe; sollevando la maschera da gatto che aveva indosso il giovane ibrido aveva scorto un viso identico al suo guardarlo di rimando; indosso, un vestito di semplice fattura che al ragazzo avrebbe potuto ricordare - se considerato assieme alla maschera - uno dei bambini sperduti di Peter Pan... ma il flauto al suo fianco lo portava a credere che fosse proprio quell'ultima la vera maschera che il misterioso sconosciuto che gli aveva ceduto il posto aveva deciso di indossare. Di quello sconosciuto, tuttavia, non vi era traccia alcuna, se non in quei vaghi ricordi; allungando una mano verso il vetro, infatti, Lucien era riuscito a sentire il morbido tessuto del suo lenzuolo, non il freddo del vetro, segno che si trovava ancora nel suo letto: un sogno, dunque, molto realistico...o forse un collegamento mentale con un altro sé, in un altro mondo, in un altro universo, eredità di un padre morto per salvargli la vita....poteva il figlio di un Sussurratore vedere così lontano? Forse sì.

    A quel punto, Lucien aveva iniziato a vagare senza meta per il ponte della plebe, classe sociale a cui apparteneva il suo sosia, pur consapevole del fatto che il ragazzo - che si era cucito il vestito da solo, ma aveva rubato la Maschera da un negoziante disattento - voleva provare a raggiungere i piani superiori della nave per vedere e toccare con mano quello sfarzo dell'aristocrazia che, lavorando per un tintore senza ricevere in cambio niente al di fuori di una catapecchia di legno in cui vivere e un tozzo di pane, non aveva mai potuto toccare con mano. Le sue mani sciupate tradivano il suo impiego, così come il suo abito messo assieme con pezzi di stoffe dipinte male e, per questo, scartate dal suo datore di lavoro: quele mani erano quelle di un ladruncolo che rubava per poter mangiare un pò di più e che aveva rubato anche quel biglietto d'accesso alla crociera. Il suo alter-ego era una persona molto diversa da Lucien, studente della Sorbonne e fervido sostenitore della lotta non violenta, e in due avevano in comune solo un'innata propensione al silenzio. Aveva mangiato poco o niente, guardandosi attorno alla ricerca di facce familiari, ma con scarso successo; qualcuno gli aveva chiesto di suonare il flauto di pan che portava al fianco per animare un pò la serata, ma lui si era ritirato in un angolo isolato del ponte per non dover ammettere che non era in grado di farlo; così era rimasto a fissare Parigi, la sua Parigi, mentre la nave procedeva lentamente lungo le acque della Senna, in quel sogno che sogno non era. In più di un occasione aveva sollevato leggermente la sua maschera per respirare meglio, salvo poi riabbassarla in fretta e furia, nel timore di essere riconosciuto da qualcuno. Calata la sera, l'ibrido non aveva potuto fare a meno di sentire freddo: la temperatura era scesa e la stoffa dei suoi vestiti era troppo leggera per tenerlo al caldo; aveva dunque deciso di arrischairsi a rientrare al coperto quando aveva udito il vociare proveniente dai ponti superiori aumentare d'improvviso, come se qualcosa avesse turbato quel clima di festa: qualcuno ignorava quel chiacchiericcio ma dai discorsi altrui, poteva intuire che in molti erano rimasti scossi da quanto accaduto. Ma cosa fosse accaduto, Lucien lo scoprì solamente quando si azzardò a salire una delle grandi ed imponenti scalinate che collegavano i vari ponti della Marie Antoinette: sentendo due inservienti confabulare in cima alla scalinata, il ragazzo potè scoprire che qualcuno aveva Assassinato Blandine Deschamps: il nome della donna non era familiare al giovane Lucien, ma il suo alto senso della giustizia non poteva che portarlo a chiedersi chi fosse il colpevole: la nave non si era ancora fermata e, di consegueza, l'assassino doveva essere ancora a bordo. Complice un attimo di distrazione dei due inservienti, Lucien si intrufolò, infine, sul ponte riservato ai borghesi e, forte della sua maschera, iniziò a girovagare tra i borghesi, cercando di cogliere ulteriori informazioni sulla vicenda, conscio del fatto che, con un costume come il suo, avrebbe faticato a recarsi ai piani superiori senza dare nell'occhio.
    Robbie Kay as Lucien Levien Lemoine © les misérables rpg

    Avevo lasciato in sospeso la decisione per quanto riguarda Lucien ma. alla fine ho deciso che, per come è fatto, non potrebbe non partecipare alla ricerca del colpevole!
     
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  4. He's The Law
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    Etienne Javert
    43 anni - Milizia - Cerbero - Ispettore di polizia
    “Nella mia vita sono stato spesso severo con gli altri. Era giusto e facevo bene. Ora se non fossi severo con me stesso, sarei un miserabile. Non desidero che mi trattiate con bontà. Essere buoni è facile, il difficile sta nell'essere giusti.„
    E

    tienne Javert non era il tipo da feste, ne tantomeno da feste in maschera. Tuttavia era nel suo dovere mantenere l'ordine e la sicurezza. Pertanto, quando venne a sapere della festa che si sarebbe tenuta quella sera sulla nave da crociera Marie Antoinette, non ci pensò due volte al fatto che avrebbe dovuto portare lì la sua presenza per assicurare giustizia. Javert non aveva mai festeggiato Halloween, la trovava una festa sciocca, inutile e che non avrebbe dovuto avere propio nulla a che fare con l'attuale Francia viste le sue radici pagane. Che ci potesse scappare il morto in una sera del genere non era poi così improbabile nella mente dell'ispettore. Non apprezzò per niente il fatto che per partecipare dovesse indossare una maschera, ma alla fine sarebbe stato un travestimento come un altro e di certo ciò non l'avrebbe fatto realmente passare per come qualcuno che festeggiava realmente quella ricorrenza a lui indifferente. Alla fine aveva optato per qualcosa di giusto spessore e che non fosse troppo ridicolo, e in un certo modo quasi preveggente ciò che sarebbe successo durante la festa. Una volta giunto alla nave egli si presentò sotto la figura del cavaliere senza testa. Il suo modo serio di camminare e la spada mantenuta nel fodero al suo fianco inoltre non poterono che dotare il tutto di un inquietante realismo. La festa procedette abbastanza normalmente, gente che parlottava, che rideva, che mangiava e quant'altro. Javert però non toccò cibo e proferì ben poche parole solo se veniva interpellato, non era lì per quello, ecco perchè si limitò a girare per la nave oppure mettersi di guardia da qualche parte per tenere sott'occhio la situazione. Quel vociare preoccupato però arrivò alle sue orecchie, seppur coperte dal mantello e dal finto collo privo di testa, senza alcun problema. Subito si avvicinò agli individui fonte di quel rumore chiedendogli cosa fosse accaduto e ottenendo solo una minima informazione: era stata uccisa una anziana nella zona della aristocrazia. Dopodichè uno di loro scherzò dicendo che forse l'omicidio era accaduto propio poichè egli fosse sceso dal suo cavallo. Cosa legata al fatto che si dicesse che quando il cavaliere senza testa smetteva di cavalcare si verificava una morte. Ciò però fece solo comparire una espressione scettica sul viso coperto dell'uomo della milizia prima che egli si indirizzasse di corsa ai piani superiori, quelli dell'aristocrazia. Almeno prima di venire fermato. "Sono l'ispettore Javert. Lasciatemi passare." Disse dopo essersi levato la parte che gli teneva nascosta la testa e aver mostrato documento e distintivo. A quel punto nessuno lo fermò più. Così l'uomo, ormai non più senza testa, arrivò nella sfarzosa sala dedicata alle classi nobili e, dopo essersi presentato, chiese dettagli a uno degli ufficiali li presenti venendo a sapere di più sul caso. Blandine Deschamps, ottantuno anni, ex-étoile del balletto classico ed proprietaria di un importante teatro di Parigi, con annessa scuola di danza. Deceduta per avvelenamento tra la prima e la seconda portata. L'ufficiale gli chiese se volesse dargli una mano con le indagini. "Senz'altro! Sarò il peggiore incubo di quel delinquente." Affermò con fredda e convinta decisione mentre aveva ancora il pezzo superiore della sua maschera sottobraccio. Javert era d'accordo con gli ufficiali, il colpevole doveva essere per forza lì tra loro. Le porte della sala vennero chiuse e i commensali sottoposti a scrupolosi interrogatori nei quali aveva preso parte o erano stati direttamente fatti dall'ispettore stesso. Javert venne anche a conoscenza di chi aveva condiviso il tavolo con Blandine, trattandosi di avvelenamento non era affatto impensabile che l'assassino potesse trovarsi propio così vicino alla vittima. Tutti parenti ad eccezione di un singolare individuo che prendeva il nome di Louis Pascal e che veniva definito come consulente spirituale della ormai defunta donna. Il suo primo sospetto andò propio su di lui, era esterno alla famiglia e i suoi interessi verso la signora erano alquanto sospetti. Tuttavia egli optò per interrogare prima la nipote della vittima, Cléa Deschamps. "Mi scusi mademoiselle, sarà sicuramente ancora agitata, ma potete dirmi cosa avete visto e cosa è accaduto prima della morte di Blandine Deschamps?" Chiese con quel suo tono estremamente serio, glaciale, ed era evidente che gli importasse ben poco dei sentimenti di con chi stesse parlando. Era solo vuota educazione, nulla più, l'unica cosa che gli interessava era trovare il colpevole e consegnarlo alla giustizia. La ragazza pareva smarrita, più di una volta era precedemente scoppiata in una crisi isterica, aveva gli occhi arrossati e il volto umido di lacrime. "Io non ricordo... Parlavamo del più e del meno... La nonna si stava lamentando della zuppa, diceva che era insipida, ma non vi abbiamo badato. La nonna si lamentava di qualsiasi cosa... Se solo... Se solo le avessi dato retta!" Ella si interruppe e scoppiò in un pianto incontrollato. Javert non ci badò troppo, semplice routine. "E cosa sa dirmi riguardo Louis Pascal?" Chiese poi rimanendo del tutto disinteressato allo stato emotivo della giovane. Sentire nominare Pascal però mise fine al pianto della ragazza facendogli venire una espressione dura in volto. "È un truffatore. Voleva i soldi di nonna, non ci teneva a lei." Se questo era vero ciò alimentava i sospetti dell'uomo. "La ringrazio, buona serata." Detto ciò l'ispettore Javert andò alla ricerca di Louis Pascal. Propio come avrebbe fatto un cane da caccia che seguiva la pista per giungere finalmente alla sua preda.

    Richard Armitage as Etienne Javert © les misérables rpg




    Edited by He's The Law - 1/11/2016, 23:19
     
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3 replies since 1/11/2016, 16:31   77 views
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